Pubblichiamo una "lettera al Direttore" scritta dal coordinatore della RLS di Varese Mariuccio Bianchi ed indirizzata al Direttore della Prealpina, per la pubblicazione nell'apposita sezione del giornale dedicata alla corrispondenza coi lettori.
C’era una volta… C’erano una volta gli statisti!
L’ inizio da fiaba si giustifica in parte con l’età anagrafica di chi scrive e con il facile scivolamento nella lode dei felici e bei tempi passati (in realtà non sempre belli e felici).
Si giustifica però soprattutto confrontando i politici della prima repubblica con il ceto politico dei nostri tempi; ed il confronto va a tutto scapito dei politici dei giorni nostri.
Le persone della mia generazione ricordano spesso, nella polemica politica quotidiana, una famosa frase attribuita ad Alcide De Gasperi, forse ripresa da J.F.Clarke, predicatore e politico statunitense: “un politico guarda alle prossime elezioni, uno statista guarda alla prossima generazione”.
De Gasperi, politico trentino, fu un uomo della Prima Repubblica, leader della Democrazia Cristiana e presidente del Consiglio nei primi anni dopo la fine del secondo conflitto mondiale. Sobrio, dall’ oratoria asciutta, ma efficace, dalla morale irreprensibile (cosa ormai piuttosto rara oggi, quando molti vedono nel potere non un servizio, ma un privilegio su cui lucrare), infine lontanissimo dai politici vincenti del 4 marzo u.s.
Questi ultimi, oltre a inondarci ogni momento con la loro - spesso vuota - retorica, hanno iniziato a produrre scelte e non scelte discutibili, se non pericolose, per il sistema Paese.
Non intendo entrare troppo nel merito, ma mai De Gasperi e gli altri leader di varia appartenenza, che con lui figurano a pieno titolo come padri fondatori della Repubblica democratica dopo il secondo conflitto mondiale, avrebbero pensato di fare una finanziaria aumentando deficit e, di conseguenza, debito pubblico, cioè caricando sempre più il fardello del debito sulla spalle delle nuove generazioni.
Non so se i più giovani e rampanti tra gli attuali leader, conoscano le persone e le opere, qualcosa insomma dei politici della prima repubblica: oltre a De Gasperi possiamo ricordare Nenni, La Malfa, Saragat e, per certi versi, il discusso e discutibile segretario del Partito Comunista Italiano, Palmiro Togliatti.
Non si trattava, intendiamoci, di cavalieri senza macchia e senza colpa, ma di uomini politici cui non mancavano qualità o virtù assai rare oggi nella politica del nostro Paese.
In primo luogo vi era in loro un robusto e schietto senso dello stato:”Lo stato forte non può essere che quello ove si rispetti o si fa rispettare la legge, cioè la Costituzione e le altre leggi che sono in vigore e servono per applicarla” .
La frase è di De Gasperi, ma ben condivisa dagli altri padri della nostra repubblica che formularono la Costituzione, entrata in vigore il 1 gennaio 1948.
In secondo luogo, se penso ai tentativi - peraltro maldestri e spesso tragicamente comici - di attacco alla libera stampa dei neo governanti, sempre De Gasperi: “La libertà di critica deve essere piena, il controllo che esercita la stampa libera è un correttivo necessario della democrazia e la stampa è il naturale veicolo, il filtro delle idee. Nella democrazia il Parlamento è un polmone, l’altro è la stampa”.
Quella stampa e quei media, sempre guardati con diffidenza dagli uomini al potere (per senso di obiettività prima di Salvini e Di Maio, a suo tempo Renzi e D’Alema non erano stati teneri con i giornalisti), sono sempre più sottoposti alle attenzioni minacciose dei nuovi padroni al governo.
In quanto al Parlamento, purtroppo è spesso diventato non un’aula sorda e grigia di mussoliniana memoria ma un luogo dove il vociare è assordante e inutile.
Del resto per molti dei nuovi potenti e dei loro mentori la democrazia rappresentativa sarebbe ormai al suo epilogo a tutto vantaggio della democrazia della rete; cosa che farebbe inorridire lo stesso Rousseau, cui ad esempio i Casaleggio fan si ispirano.
I politici della Prima Repubblica avevano piena consapevolezza del ruolo e dell’importanza del Sindacato libero in una moderna e libera società democratica.
Se De Gasperi si ispirava alla dottrina sociale della Chiesa, Nenni ed altri trovavano nel solidarismo della tradizione laico-socialista un forte motivo di collaborazione in anni in cui la contrapposizione in blocchi minacciosamente armati l’uno contro l’altro, rischiava di asservire i sindacati a questo o quest’altro partito.
In loro non venne mai meno la consapevolezza dell’importanza delle forze sociali o dei corpi intermedi come li vogliamo chiamare; forze sociali, la cui autonomia, è un bene non solo per coloro che le forze stesse rappresentano, ma per lo stato democratico.
Quanta differenza con chi qualche tempo fa, non ancora al governo, affermava: “ O i sindacati si autoriformano o, quando saremo al governo, faremo noi la riforma!”
Infine la competenza - o meglio l’incompetenza - con la teorizzazione da parte dei guru del nuovo corso della possibilità di scegliere parlamentari o uomini di governi con il sorteggio, scimmiottando male un costume antico: nell’antica Grecia, al tempo del riformatore Clistene (508-507 a.C.) ad Atene vi era il Consiglio dei 500, i cui membri erano sì sorteggiati, ma dopo essere stati preliminarmente sottoposti ad un esame che escludeva incapaci ed indegni; inoltre le supreme cariche dello stato erano sempre riservate di fatto alle classi più abbienti.
Che differenza, anche su questo punto, con le severe scuole dei vecchi partiti: scuole che servivano a preparare dirigenti capaci e politici al servizio dello stato, cioè dei cittadini nel loro insieme, non di interessi particolari o di lobbies.