Pubblichiamo una "lettera al Direttore" scritta dal coordinatore della RLS di Varese Mariuccio Bianchi ed indirizzata al Direttore della Prealpina, per la pubblicazione nell'apposita sezione del giornale dedicata alla corrispondenza coi lettori.
La lettera esprime opinioni personali che possono e devono fare da innesco ad una riflessione che ciascuno di noi deve portare avanti su temi delicati ed importanti come quelli di cui parla Bianchi in questo suo scritto.
Egr.Direttore,
vorrei fare una riflessione che riflette un sentire non maggioritario nel Paese ma – mi auguro – ancora vivo e diffuso. Un sentire presente, credo, nel popolo cosiddetto moderato, vuoi che appartenga alla “famiglia” liberale o a quella socialdemocratica. Due famiglie che mi sembrano, per dirla con Alessandro Manzoni nel coro dell’atto terzo dell’Adelchi, “un volgo disperso che nome non ha”.
L’una oscilla tra spinte contrapposte vuoi di residuo orgoglio vuoi di rassegnata subalternità al nuovismo salviniano (Forza Italia); l’altra è paralizzata da un ex segretario, che controlla gran parte del partito, ma il cui appeal nel Paese è ai minimi storici, senza riuscire a trovare un’alternativa convincente ed – in prospettiva – vincente (Partito Democratico). La sinistra-sinistra poi, e lo dico con rispetto, dopo la sciagurata scissione è ridotta ad un ectoplasma quasi insignificante del 2% o 3% .
E allora?
Penso che, in attesa di una rinascita politica di cui non si vede alcunché all’orizzonte, chi non vuole morire né grillino né leghista debba dare una risposta democratica, solidaristica, civile sia a livello di singoli individui, sia a livello dei corpi sociali e dell’associazionismo. Una risposta che faccia sapere e sentire ai neo governanti che si sentono padroni dell’Italia, forte di un consenso dato al 60% e più, come ci siano tanti altri Italiani che la pensano diversamente e non sono disposti ad arrendersi al “nuovo” che avanza.
Si tratta poi proprio di nuovo? O forse di qualcosa, per quanto ben mascherato, dal sapore antico? Del vecchio cioè che pensavamo sepolto per sempre con la fine del secondo conflitto mondiale e che, purtroppo, sembra ritornare, dando ragione a coloro che parlano di circolarità della storia, vista non come un progresso lineare verso il meglio ma come un eterno ripetersi, in forme anche nuove, del dejà vu.Si tratta dei fantasmi del Novecento che tornano a materializzarsi? In parte sicuramente. Esemplifico allora con la questione assolutamente dirompente degli immigrati/rifugiati, accennando poi ad altre due.
Si fa un uso strumentale del problema rifugiati, in modo da creare una percezione falsa rispetto ai dati puri e semplici, cioè reali: nel mondo, secondo il rapporto annuale Global Trends 2017 dell’Agenzia ONU per i rifugiati, sono circa 70 milioni i profughi stimati, di cui l’84% si trova presso i Paesi del Terzo mondo, vicini e poveri; solo il 16% è arrivato in Europa. L’Italia, in questo contesto, è lo stato con un numero di rifugiati o richiedenti asilo tra gli ultimi nella stessa Europa (tolti ovviamente i Paesi di Visegrad amici di Salvini). Eppure nascondendo tale dato si è costruita da parte dei giallo-verdi al governo una realtà virtuale, una narrazione simil vera, ma del tutto falsa. Si tratta di un gioco perverso, reso possibile dalla scarsa informazione e formazione di molti connazionali, facilmente suggestionabili dai tweet e dai messaggi brevi, che richiedono un sì od un no incondizionato, secondo una costruzione schematica della realtà in bianco-nero.
La narrazione simil vera continua con i soldi che daremmo all’Europa, i famosi venti miliardi immaginati da Di Maio, che ad un esame serio si riducono a due-tre; continua con il modo con cui si continua a presentare le responsabilità della sciagura di Genova, altra affabulazione simil vera. Certo la sciagura è frutto dell’esosità dei concessionari, ma non c’entra anche la mancanza di controlli da parte di chi doveva farlo o aveva gestito per decenni il tutto (lo stato)?
A che servono però tutte queste simulazioni? Ad un disegno assolutamente pericoloso per l’Italia e gli Italiani: l’uscita dall’Europa, inseguendo novecenteschi pericolosi sogni nazionalisti, oggi chiamati sovranisti, con punte di manifesta xenofobia o addirittura di razzismo, avvicinandoci ad “amici” politici che vogliono la fine stessa dell’U.E. per una propria egemonia (Russia ed Usa) in un progetto di Europa e di mondo assai meno democratici di quelli attuali.
A questo fine fanno gioco anche le affermazioni circa l’inutilità del Parlamento e la fine della democrazia rappresentativa (chissà se chi propone tali sciocchezze, e si rifà a Rousseau, sa che il grande filosofo ginevrino pensava che la democrazia diretta era adatta solo ai piccoli stati del passato e del presente).
Quanto all’approccio governativo al crollo del ponte Morandi, sia pure con divisioni interne, l’obiettivo dei neo governanti è il ritorno alle nazionalizzazioni o statalizzazioni di cui ci siamo liberati – purtroppo male – trent’anni fa, compresi quei settori in cui sarebbe stato meglio dare meno spazio ai privati (sanità).
Per concludere: sono in gioco valori culturali, morali e politici a lungo vanto dell’Europa e dell’Occidente.
Chi crede in essi non può incrociare le braccia, rassegnandosi per timidezza o per opportunismo.
Chi crede in essi non può dividersi per ragioni grette di potere personale.
Chi crede in esse non può delegare a forze politico-partitiche oggi deboli un’azione o reazione adeguata ed all’altezza del momento: sindacati, associazioni professionali, gruppi culturali, organizzazioni di volontariato, il meglio in teoria dell’Italia solidale e democratica , devono assumersi le proprie responsabilità, in difesa di quei valori, grazie ai quali ha senso la loro stessa presenza, non lasciando tra l’altro sola la Chiesa Cattolica o meglio papa Francesco e quella parte dell’episcopato che, come nei secoli dell’Alto Medioevo, sono un argine alla barbarie avanzante.Cordialmente,
Mariuccio Bianchi